
M&S vs Waitrose: ecco il documentario di Channel 5
Trasmesso per la prima volta il 14 novembre 2019 in prime time (e ancora in rotazione su Channel 5), M&S vs Waitrose: which is better value? confronta Marks&Spencer con Waitrose nella battaglia per il “posh pound”, ovvero nella contesa dell’upper class britannica. Avvalendosi del contributo di giornalisti ed esperti, il documentario ripercorre la storia dei brand e il loro legame con la nazione, ne confronta i prezzi e le strategie, passando in rassegna successi e insuccessi, senza tuttavia decretare un vincitore ma lasciando al telespettatore la decisione finale. Un approccio molto politicamente corretto che fa emergere più le similarità.

Indifferenziate sul piano dei prezzi e della clientela-target, la loro battaglia si è sempre giocata sul piano della reputazione e dell’offerta di qualità. Nel primo caso con campagne pubblicitarie seduttive (M&S) o con l’endorsement della famiglia reale britannica (Waitrose); nel secondo selezionando attentamente le materie prime, con un occhio verso le novità e il mondo esotico.
Waitrose si rivolge a una clientela più gourmet e si distingue per la shopping experience di classe e per l’offerta ricercata, mentre la più tradizionalista M&S per la qualità dei piatti pronti e per il tocco personale nel servizio.
Tuttavia, a causa di un mercato sempre più competitivo e del clima di incertezza della Brexit, entrambe le catene sono entrate in un periodo di crisi che le ha portate a chiudere numerosi punti vendita. Una situazione difficile (già messa a prova dalla recessione del 2008) a cui entrambe hanno risposto puntando sulla middle class: attirare nel punto vendita anche quei clienti meno abbienti che però hanno a cuore la qualità del cibo o che ogni tanto vogliono concedersi una gratificazione. Culinaria, ma anche emotiva. Del resto nell’immaginario collettivo nazionale, M&S e Waitrose hanno un valore simbolico: non sono soltanto supermercati dove fare la spesa, sono luoghi aspirazionali. Essere clienti di uno dei due supermercati conferisce status e porta a identificarsi come qualcuno che dà valore alla qualità del cibo. Ne consegue che i due retailer – pur mantenendo il proprio posizionamento premium – hanno iniziato a proporre sconti o a introdurre linee più economiche, per essere accessibili a una fetta di consumatori più ampia.
Il documentario approfondisce la partnership storica tra Waitrose e Ocado, popolarissimo sito web per l’acquisto e la consegna a domicilio della spesa. Una partnership “storica”, tanto da far pensare che Ocado fosse il nome del servizio delivery di Waitrose. Tuttavia nel 2019 Ocado ha siglato un accordo con un nuovo partner: dal settembre 2020 cesserà la vendita dei prodotti Waitrose per far spazio a quelli di… Indovinate chi? M&S.
Il documentario termina accennando le strategie future dei brand: se M&S sta rinnovando le proprie food hall, Waitrose vuole rafforzare la propria identità e deliziare ancora di più il cliente.
Strategie che però andranno riviste alla luce della recente emergenza coronavirus, di cui naturalmente il documentario non tiene in considerazione essendo stato realizzato prima. Di certo – avendo la pandemia fatto incrementare la spesa online – il passaggio di Ocado intensificherà ulteriormente il clima di guerra tra i due giganti.


La guerra per il “posh pound”
La storia di M&S e di Waitrose è connessa al boom economico del Regno Unito che durante gli anni Cinquanta vide un’espansione della classe media, stanca delle razioni e delle limitazioni della guerra ed eccitata dalla sensazione di migliorare il proprio stato sociale. In quel contesto lo shopping iniziò ad assumere un nuovo significato: il retail iniziò a occupare spazi più ampi e i suoi scaffali iniziarono a riempirsi di nuovi ed entusiasmanti oggetti che diedero alle persone la sensazione di portare un po’ di lusso nelle proprie case. M&S e Waitrose, potendo rischiare di introdurre nuovi alimenti anche in caso di insuccesso, iniziarono a targettizzare fin da subito le classi più abbienti e a costruire attentamente la loro reputazione di supermarket di fascia alta. Obiettivo: deliziare costantemente il consumatore selezionando le migliori materie prime, con un occhio di riguardo verso le novità e i sapori esotici.
Nel 1979 M&S introdusse e rese popolare il chicken kiev, una pietanza che si poteva gustare solo nei ristoranti: fu un enorme successo di pubblico che consolidò il brand nell’immaginario collettivo dei piatti pronti. Il chicken kiev non solo rappresentava un piccolo lusso da concedersi a casa, ma anche una risposta ai mutamenti sociali: in quegli anni di maggior libertà e diritti, sempre più donne iniziarono a lavorare e il tempo per cucinare era meno. Waitrose, dal canto suo, nel 1983 iniziò a vendere prodotti biologici, 1988 introdusse la Gran Bretagna all’humous, mentre nel 2015 fu il primo supermercato con il bancone dedicato al sushi.
Possedere i migliori prodotti sul mercato non basta: per sopravvivere occorre ascoltare e innovarsi, anticipando i bisogni del consumatore ancora prima che ne sia consapevole.
Fronteggiare la crisi
Quando la recessione del 2008 colpì il Regno Unito, la minaccia di essere considerati supermercati solo per le occasioni speciali e non per la spesa quotidiana spinse i due retailer ad adottare una strategia finora sconosciuta: il focus sui prezzi. Pur mantenendo l’identità di supermarket di fascia alta, entrambi hanno iniziato a proporre le promozioni speciali, per intercettare anche i consumatori della middle England. M&S ad esempio ha introdotto il cosidetto “meal deal”: il consumatore può scegliere un sofisticato piatto pronto, un contorno, un dessert e una bottiglia di vino, il tutto al prezzo fisso di 10 sterline. Waitrose invece ha introdotto nel 2009 la linea Essentials Waitrose: 14.000 referenze caratterizzate da un packaging basico e soprattutto da un prezzo più basso. Una linea “primo prezzo” ma lussuosa, fra cui figurano il dessert al limoncello, il patè ardennais e il formaggio cambozola: non sono certo beni di prima necessità, ma anche in questo caso si vuole rendere accessibili al consumatore meno abbiente prodotti che altrimenti non comprerebbe. Una strategia indovinata: a fine 2009 Waitrose era il supermercato britannico con la crescita più esponenziale e al momento la linea Essential costituisce il 25% delle vendite Waitrose.

La guerra è anche online
Da poco la guerra tra i due giganti è esplosa anche online. Per comprendere meglio la situazione occorre fare un passo indietro al 2002, quando Waitrose decise di aprirsi all’ecommerce per soddisfare quei clienti che avevano i soldi ma non il tempo per fare la spesa. Decise quindi di affidarsi alla compagnia inglese Ocado, un supermercato online che vende e consegna prodotti altrui. Se da un lato Ocado offre un potente sistema di delivery ed è un servizio particolarmente amato dalla middle England, Waitrose è il rifornitore principale della piattaforma. Una partnership apparentemente così stretta che in molti pensano che Ocado sia un marchio di proprietà Waitrose. Tuttavia è da diversi anni che Ocado e Waitrose sono entrate in competizione, dal momento che quest’ultima ha lanciato il proprio ecommerce. Una mossa che non è piaciuta ad Ocado che a febbraio 2019 ha firmato per sostituire Waitrose con M&S. Per quest’ultima, che non è ancora presente online col food, si tratta di un’occasione d’oro per attingere a un enorme banca dati di nuovi clienti e strapparli al diretto concorrente. Ma anche di una potenziale perdita per Ocado, in quanto molti utenti abbandoneranno la piattaforma se a settembre non potranno più trovare i prodotti Waitrose. Del resto una forte fedeltà di marca accomuna sia i clienti di M&S sia quelli Waitrose: molti di loro non passerebbero mai al diretto concorrente in quanto lo reputano di qualità inferiore. La realtà è – anche – che il retailer preferito rappresenta a livello subconscio un’estensione della loro identità.
M&S o Waitrose: quale costa meno?
Il documentario confronta inoltre i prezzi dei due retailer, acquistando in ogni supermercato 22 prodotti simili per tipologia e dimensioni. Per esempio, un pacco di 4 mele varietà “Pink lady” costano in entrambi i supermercati 2,50 £; una confezione di 800 grammi di pane morbido (già tagliato in fette di dimensioni medie) viene venduto a 1 £ in Waitrose ma a soli 65 centesimi in M&S; tuttavia una scatola di 6 uova di dimensione large (provenienti da allevamenti da terra) costano 1,89 £ da Waitrose mentre da M&S 2 £. La rilevazione, del 24 settembre 2019, decreta che sul piano dei prezzi i supermercati sono uguali: la stessa identica spesa costa 55,35 £ da Waitrose, 55,70 £ da M&S.
Incapaci di differenziarsi sul piano dei prezzi, la loro battaglia è sempre stata su quella del marketing e della comunicazione.
M&S: alle origini del food porn
Nel 2005 M&S lanciò una campagna pubblicitaria tanto riuscita quanto seduttiva da ispirare l’espressione “food porn”. In un periodo di spot monotoni e prevalentemente promozionali ma con una Gran Bretagna sempre più sensibile al tema del buon cibo, M&S invitava a scoprire da vicino l’irresistibile qualità dei suoi prodotti, facendone pregustare il godimento. Protagonisti di queste pubblicità non erano modelli bensì patate, broccoli, brownie e arrosti: sicuramente non prodotti lussuosi, ma la presentazione seducente e mai volgare – fatta di inquadrature vicine, movimenti in slow-motion, giochi di ombre e colonne sonore – ne rivelava il sapore, la consistenza, la bellezza e il piacere, rendendoli diversi e più attraenti. Iconico è lo spot del pudding: aperto lentamente in due da una forchetta, dal dessert inizia a colare una goccia calda di cioccolato per poi dischiudere una crema. Con una voce femminile che in maniera sexy recita: “This is not just food… this is M&S food”. Immagini che incrementarono le vendite del pudding del 3000%.
Waitrose: cucina sperimentale
Diverso l’approccio di Waitrose che nel 2010 lanciò degli spot tv con protagonista lo chef del momento: Heston Blumenthal. Personaggio televisivo inglese, autore di libri e proprietario di un ristorante con tre stelle Michelin, Blumenthal è considerato uno degli esponenti della cosiddetta cucina molecolare. Volendo Waitrose intercettare quei consumatori che amano sperimentare, la scelta del personaggio non fu casuale. Il messaggio delle pubblicità – dove il cuoco era intento a preparare le sue ricette modernistiche utilizzando i prodotti del supermercato – era semplice: con Waitrose puoi ricreare a casa l’esperienza Michelin e cucinare piatti innovativi. Un messaggio di successo, visto che a distanza di dieci anni la collaborazione è ancora attiva.
Una garanzia… reale
Waitrose vanta anche un autorevole endorsement, forse il più potente che si possa avere nel Regno Unito. In una nazione fortemente legata alla sua monarchia, chi meglio della famiglia reale può garantire per un brand? Il legame tra il retailer e la corona dura dagli anni Venti, quando la filiale Waitrose di Windsor riforniva la regina consorte Maria di Teck col suo sapone preferito al miele. Un legame che valse a Waitrose il Royal Warrant of Appointment, un prestigioso riconoscimento riservato a persone o compagnie che – in maniera regolare ed eccellente – hanno fornito beni o servizi a membri della Corte Reale. In cambio il marchio può disporre sui propri prodotti ed edifici lo stemma dell’approvazione, specificando il nome del cliente reale e i beni forniti. Un certificato di garanzia che suona indipendente e che invia un forte messaggio: la qualità dei beni è così elevata da soddisfare la casa reale. Il Royal Warrant venne conferito a Waitrose anche dalla Regina Madre (dal 1994 al 2007), ma l’apice mediatico fu nel 2002 quando Elisabetta II concesse la sua approvazione. Le immagini della Regina mentre si aggirava fra le corsie di Waitrose (assieme al consorte Filippo, al Principe Carlo e a Camilla) fecero il giro della stampa. Nel 2011 anche il Principe Carlo conferì il proprio Royal Warrant.
Da non dimenticare che nel 2009 Waitrose, dopo essere stato per anni uno dei principali distributori di Duchy Originals di proprietà del Principe Carlo, firmò un accordo di esclusiva col brand di prodotti biologici, rilanciandolo e modificando il nome in Duchy Originals from Waitrose (ora Waitrose Duchy Organic).

I nuovi store M&S
M&S ha iniziato a rinnovare le food hall dei propri negozi: i display sono più ampi e accattivanti per dare spazio alla gamma completa dei suoi prodotti; la panetteria è stata migliorata e al suo interno viene diffuso un invitante aroma; l’uso della plastica negli imballaggi è stato ridotto. L’obiettivo è quello di ricreare l’atmosfera di un mercato all’aperto e rendere la shopping experience più emozionale, riducendo il divario con Waitrose che si è sempre distinta per un visual merchandising particolarmente curato. Non solo: anche i prezzi sono stati abbassati e sono stati introdotti nuovi pacchi formato famiglia. La targetizzazione delle famiglie si avvale della complicità dei Percy Pigs, caramelle gommose a forma di porcellino: introdotte nel 1992 e ancora popolarissime, sono diventate delle specie di “mascotte”.

L’effetto Waitrose
Sembra incredibile, ma secondo uno studio del 2018 della Lloyds la vicinanza di un supermercato Waitrose potrebbe aumentare il valore di una casa di oltre 40.000 sterline. Per indagare il fenomeno, il documentario si affida a Keith Rogens di C.R.Child. L’agente immobiliare prende in considerazione due appartamenti molti simili: entrambi sono nel Kent, sono nuovi e dotati di due camere da letto e due bagni. Il primo appartamento (che si distingue per una panoramica vista sul mare) viene valutato 395.000 sterline, mentre il secondo (a pochi passi da un Waitrose) 475.000. Certo, quest’ultimo è più ampio e si trova in una città più grande, ma questi fattori – da soli – non riescono a giustificare la differenza di 80.000 sterline. L’agente spiega che molti clienti in cerca di casa, quando vengono a registrarsi presso la sua agenzia, chiedono se la casa è vicina a un Waitrose: un fattore che aumenta la desiderabilità di una proprietà e di conseguenza anche il suo prezzo. Davvero Waitrose aggiunge valore alla zona oppure è Waitrose che si posiziona strategicamente in zone abbienti? Come fa notare Sarah Butler, giornalista del Telegraph, sembra la domanda del “è nato prima l’uovo o la gallina?”.
Un estratto del documentario sul “Waitrose effect” è visionabile qui.


Un commento
Daniele Rossi
Molto interessante e grazie per aver riportato questo reportage. Dovrebbero farli anche sulle nostre tivú reportage così.